I giovani italiani tornano a vivere con i nonni: nuova tendenza o emergenza sociale?

Negli ultimi anni, l’Italia sta assistendo a un cambiamento silenzioso ma profondo all’interno delle famiglie: sempre più giovani adulti tornano a vivere con i nonni. Secondo gli ultimi dati ISTAT, aggiornati al 2024, oltre 2,3 milioni di under 35 vivono stabilmente in case multigenerazionali, e tra questi quasi il 20% con almeno un nonno o una nonna.

Si tratta di una tendenza in netta crescita rispetto al passato. Negli anni ’90, questo tipo di convivenza era raro e spesso dettato da emergenze familiari. Oggi invece, sta diventando una strategia abitativa di lungo periodo, scelta o subita, che ridefinisce il concetto stesso di famiglia in Italia.

Il fenomeno riguarda soprattutto grandi città e aree metropolitane, dove il costo della vita è esploso e l’indipendenza abitativa è diventata un miraggio. Ma si osserva anche nei centri medi e nei paesi, dove la solidità della casa di famiglia diventa una sorta di “rifugio” per affrontare tempi incerti.

Un’Italia che cambia forma tra affetto e necessità

Non si tratta solo di numeri, ma di vite che si intrecciano. Ragazzi che tornano a dormire nella stanza che era stata la loro da bambini, nonne che cucinano per tutti, nonni che prestano la macchina o contribuiscono alla spesa settimanale. È un ritorno alle origini che unisce affetto e necessità economiche, con dinamiche spesso complesse.

In una società che per decenni ha puntato sull’indipendenza giovanile come traguardo, questa inversione di rotta solleva interrogativi profondi: è una scelta consapevole o un fallimento del sistema? Si tratta di un nuovo modello sostenibile o solo una toppa temporanea in un Paese che non riesce a garantire autonomia ai propri giovani?

La realtà è che molti giovani non possono permettersi un affitto, un mutuo o una vita indipendente. E così, mentre il mondo spinge per start-up, flessibilità e smart working, una generazione intera torna sotto lo stesso tetto dei nonni, cercando stabilità in un contesto familiare che si pensava superato.

Le cause di un fenomeno in crescita

Crisi abitativa, stipendi bassi e inflazione

La prima spiegazione di questo ritorno alle radici è tutta economica. I giovani italiani si trovano schiacciati da una tripla crisi: il mercato immobiliare sempre più inaccessibile, stipendi bassi e stagnanti, e un’inflazione che colpisce soprattutto beni essenziali come cibo, trasporti ed energia.

Secondo uno studio della Banca d’Italia, nel 2024 il reddito medio netto di un under 30 occupato a tempo pieno si aggira attorno ai 1.150 euro mensili. A fronte di affitti che nelle principali città superano facilmente i 700-800 euro per una stanza singola, l’indipendenza economica diventa un lusso per pochi.

In più, la precarietà contrattuale e la difficoltà ad accedere al credito bancario rendono impossibile pensare a un mutuo. E così, mentre il sogno di una casa propria si allontana, la casa dei nonni diventa la soluzione più concreta.

Il ruolo dei nonni nella sopravvivenza quotidiana

Ma non si tratta solo di un tetto. I nonni in Italia rappresentano un vero e proprio ammortizzatore sociale informale. Non solo offrono una stanza, ma spesso contribuiscono alle spese, cucinano, fanno da baby-sitter per i figli dei figli, offrono supporto emotivo e stabilità.

Molte famiglie sopravvivono grazie alle pensioni dei nonni, che diventano l’unica entrata sicura in nuclei familiari a reddito discontinuo. La convivenza è, per molti, un patto silenzioso e reciproco: i giovani portano energia, aiutano con la tecnologia e l’assistenza, i nonni offrono casa, cibo e tempo.

Questo tipo di coabitazione rispecchia anche la cultura italiana, storicamente legata alla famiglia allargata e alla centralità della figura dei nonni. Ma ciò che un tempo era simbolo di unione, oggi rischia di diventare il sintomo di un sistema che non funziona più.

I lati positivi della convivenza intergenerazionale

Sostegno economico ed emotivo

Nonostante le difficoltà, vivere con i nonni non è solo una rinuncia o un fallimento: per molti giovani si trasforma in una risorsa preziosa, sia economica che affettiva. In un periodo storico in cui l’ansia, la solitudine e il senso di smarrimento colpiscono duramente la fascia under 35, la presenza costante di un familiare anziano può creare stabilità e conforto.

A livello economico, la coabitazione consente un risparmio significativo: niente affitto, spese condivise, pasti cucinati in casa, bollette divise. In una parola: respiro. Per chi studia, cerca lavoro o è alle prese con stage sottopagati, la presenza dei nonni diventa fondamentale per mantenere un equilibrio finanziario minimo.

Ma c’è anche un ritorno emotivo e psicologico: condividere tempo con chi ha più esperienza può rafforzare il legame familiare, recuperare il senso di appartenenza e identità, e persino migliorare la salute mentale. Le generazioni si influenzano a vicenda: i nonni si sentono utili e stimolati, i nipoti si sentono protetti e meno soli.

Riscoperta dei valori familiari e tradizionali

In un mondo iperconnesso e frenetico, vivere con i nonni può anche rappresentare una forma di riscoperta dei ritmi lenti, dei valori domestici, delle tradizioni familiari. Dalla cucina casalinga alle abitudini rituali, dalla narrazione di memorie storiche all’educazione al risparmio, la convivenza intergenerazionale rappresenta un patrimonio culturale che rischia di scomparire.

Non sono rari i casi in cui i giovani, pur potendo permettersi di vivere altrove, scelgano volontariamente di restare con i nonni per assisterli, accompagnarli o semplicemente condividere il quotidiano. In questi casi, la scelta è motivata da un senso di gratitudine e legame, che va oltre il bisogno materiale.

In un’Italia sempre più individualista e divisa, questi nuclei “allargati” possono offrire un modello alternativo di coesione sociale, fondato sulla solidarietà familiare, la reciprocità e l’integrazione tra generazioni. Tuttavia, dietro questi benefici si nascondono anche fragilità e limiti, che non vanno sottovalutati.

Le criticità: mancanza di autonomia e scontro generazionale

Giovani bloccati nella transizione all’età adulta

Uno degli effetti collaterali più evidenti di questa convivenza è la difficoltà per i giovani di sviluppare pienamente la propria autonomia. Restare a vivere con i nonni, pur se vantaggioso sul piano pratico, può limitare l’indipendenza decisionale, la capacità di affrontare responsabilità e la costruzione di un’identità adulta.

Secondo una ricerca dell’Università di Bologna, i giovani che vivono con i nonni tendono ad avere un’età media più alta nel raggiungere traguardi come lavoro stabile, convivenza di coppia e genitorialità. Il rischio è quello di una “prolungata adolescenza sociale”, dove i passaggi tipici dell’età adulta vengono rimandati indefinitamente.

Anche la percezione esterna è influenzata: molti giovani sentono vergogna o frustrazione nel dover spiegare perché a 30 o 35 anni vivono ancora “in famiglia”. Questo influisce sull’autostima, sulle relazioni affettive e sulla progettualità personale.

Conflitti sullo stile di vita e sulle abitudini quotidiane

La convivenza intergenerazionale, per quanto piena di affetto, non è sempre semplice. Le differenze culturali, educative e comportamentali tra giovani e nonni possono generare scontri quotidiani, incomprensioni e stress.

Dagli orari alle abitudini alimentari, dal modo di usare la tecnologia alla gestione dello spazio, tutto può diventare motivo di tensione. I nonni possono risultare invadenti o poco flessibili, mentre i nipoti possono essere percepiti come irrispettosi o disorganizzati.

In alcune situazioni, la mancanza di privacy e la convivenza forzata portano a conflitti latenti o esplosioni improvvise, che logorano il rapporto e peggiorano la qualità della vita per entrambi. È fondamentale, in questi casi, stabilire regole chiare, spazi definiti e un dialogo sincero.

Quale futuro per la famiglia italiana?

La politica sociale è in ritardo

Il ritorno dei giovani a vivere con i nonni evidenzia non solo un mutamento culturale, ma anche una falla evidente nelle politiche sociali italiane. Da anni, le riforme sul lavoro, la casa, l’istruzione e il welfare non riescono a rispondere concretamente ai bisogni di una generazione che fatica a trovare il proprio posto nel mondo.

I bonus una tantum, i fondi per l’affitto o le agevolazioni fiscali sono spesso frammentari, temporanei e poco accessibili. Manca una visione strutturale: un piano che renda possibile ai giovani studiare, formarsi, lavorare e vivere in modo autonomo, senza dover contare sulla rete familiare come unica ancora di salvezza.

Anche il tema della casa è spesso lasciato alle dinamiche del mercato, senza un vero progetto di edilizia sociale moderna e sostenibile. E mentre si parla di natalità e futuro demografico, si dimentica che la genitorialità non può nascere in assenza di autonomia e stabilità.

Una nuova alleanza tra generazioni è possibile?

Eppure, in questo scenario di difficoltà, esiste anche una possibilità di rinascita sociale. Le famiglie multigenerazionali potrebbero diventare laboratori di solidarietà, sostenibilità e coesione, se sostenute da politiche intelligenti e inclusive.

Un’alleanza tra giovani e anziani può portare a un nuovo patto sociale, in cui le competenze digitali dei primi si affiancano all’esperienza e alla stabilità dei secondi. L’economia domestica può diventare più resiliente, il capitale relazionale più ricco, e l’integrazione culturale più forte.

Ma per funzionare, questo modello deve essere una scelta, non una necessità obbligata. Occorre garantire a ogni generazione gli strumenti per vivere dignitosamente: casa, lavoro, assistenza, formazione. Solo così la convivenza intergenerazionale sarà una risorsa e non un rifugio forzato.

FAQ

1. Quanti giovani italiani vivono oggi con i nonni?

Secondo l’ISTAT, circa 1 giovane su 5 tra quelli che vivono in famiglia abita con almeno un nonno, un dato in forte crescita negli ultimi 10 anni.

2. Perché tornano a casa dei nonni invece che restare con i genitori?

Spesso i nonni offrono maggiore disponibilità di spazio, stabilità economica (pensione) e aiuto concreto. In alcuni casi, i genitori non possono più ospitarli.

3. Questa convivenza è sempre positiva?

No. Sebbene possa portare benefici economici e affettivi, può anche generare conflitti, mancanza di autonomia e difficoltà psicologiche per entrambe le generazioni.

4. Quali politiche potrebbero aiutare a invertire la tendenza?

Alloggi accessibili, salari adeguati, contratti stabili, incentivi alla residenzialità giovanile e riforma del sistema universitario e del welfare.

5. È una realtà solo italiana?

No, ma in Italia il fenomeno è particolarmente diffuso per la struttura familiare tradizionale e la mancanza di supporto pubblico per i giovani adulti.